Leggo in giro sul Web alcuni articoli e post sui social dove riferiscono che la prossima pandemia potrebbe non avere origine da pipistrelli o uccelli, ma dal riscaldamento climatico e dal conseguente scioglimento dei ghiacciai
Riscaldamento climatico ? Una parola che mi fa sorridere “ironicamente”, perché detta cosi, sembra una novità ai giorni d’oggi.
Qua e là, facendo websurfing tra diversi articoli ed approfondimenti si fa cenno a studi di varie università estere e a dati e cose oggettivamente ritrovati e scoperti da diversi ricercatori.
Da quando è scoppiata la pandemia di Sars-Cov-2 (Covid-19 per tutti noi) tanti scienziati hanno messo in guardia dagli effetti che il cambiamento climatico sta già avendo sugli ecosistemi: le fasce climatiche si stanno spostando e con loro anche specie animali da cui dovremmo cercare di stare alla larga. Ma c’è un’altra conseguenza del riscaldamento globale da tenere d’occhio per futuri spillover: lo scioglimenti dei ghiacciai, dei poli come delle catene montuose, questo potrebbe liberare microrganismi potenzialmente patogeni rimasti intrappolati anche per migliaia di anni.
Avevo pure scritto qualcosa sulla diffusione del covid-19 relativamente al clima e a particolari zone dell’Italia, rispetto alla diffusione o meno e la su a incidenza relativa, ma ovviamente questa è un altra storia, sembra quasi una storia di fantascienza, tratta da un libro o fumetto, ma a suggerirlo sono i risultati di uno studio dell’Università di Ottawa in Canada, pubblicati sulla rivista Proceedings of the Royal Society B. Il team di ricerca ha infatti trovato materiale genetico virale nei pressi del lago Hazen, il più grande lago d’acqua dolce dell’Artico, e ha calcolato le possibilità che un patogeno “scongelato” infetti degli organismi.
Era il 2016 quando nella Siberia settentrionale scoppiò un focolaio di antrace: decine le persone infettate, tra cui un bambino, poi deceduto. Non si vedevano casi dal 1941. Secondo le ricostruzioneun’ondata di caldo anomala quell’anno aveva provocato lo scioglimento del permafrost e riportato alla luce una carcassa di renna infetta, ritenuta responsabile della contaminazione. E non si tratta dell’unica evidenza che tra i ghiacci si nascondano potenziali minacce per la salute umana.
Nel 2014 alcuni scienziati francesi avevano risvegliato un virus gigante di 30mila anni fa ritrovato nel permafrost siberiano, dimostrando che era ancora capace di infettare un organismo.
Più di recente, nel 2021, un team della Ohio State University ha trovato materiale genetico di 33 virus in campioni di ghiaccio provenienti dall’altopiano tibetano: 28 virus erano sconosciuti fino a quel momento e i ricercatori hanno stimato che possano essere rimasti intrappolati anche 15mila anni or sono
Tornando alla ricerca dell’ Università di Ottawa in Canada, per comprendere quanto il rischio biologico dallo scioglimento dei ghiacci sia concreto, il Prof. Stéphane Aris-Brosou e i suoi colleghi hanno raccolto campioni di terreno e di sedimenti dal lago Hazen, nell’Artico, e li hanno analizzati isolando molecole di dna e rna compatibili con sequenze virali già note. Grazie alla attuale tecnologia e ad un algoritmo hanno valutato la possibilità che questi virus riescano a infettare degli organismi, concludendo che il rischio maggiore è proprio nei luoghi in cui scorrono le acque di disgelo.
Ora diciamo che fare previsioni su possibili spillover, comunque, non è affatto facile: perché avvenga il contagio è necessario che i virus scongelati e i loro vettori animali si trovino nello stesso ambiente.
E dato che proprio il cambiamento climatico, oltre a determinare lo scioglimento dei ghiacci, sta alterando le abitudini di molte specie, le variabili si stanno moltiplicando, quindi probabile ma non impossibile
Forse è il caso di non abbassare la guardia rispetto ai cambiamenti climatici, avere rispetto del nostro pianeta e d essere lungimiranti e vedere Green il nostro futuro…
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